La pandemia di Covid-19 ha rappresentato uno stress di enormi proporzioni per la forza lavoro dei servizi sociali. Con i riflettori nazionali puntati su di loro, sono state messe in luce le sfide legate all’aumento del carico di lavoro e alla riduzione del budget. Alla28a Conferenza europea dei servizi sociali (ESSC), Shereen Hussein, docente di Politica sanitaria e sociale presso la London School of Hygiene and Tropical Medicine, Giovanni Cabona, consigliere del Consiglio nazionale degli assistenti sociali italiani e Karin Christiansen, professore associato senior e responsabile della ricerca presso il Centro di ricerca e sviluppo per le tecnologie sanitarie e del benessere in Danimarca, hanno discusso di queste sfide, guardando anche oltre la crisi per vedere quali potrebbero essere le opportunità future.
Affrontare l’impatto negativo della Covid-19 sulla forza lavoro dell’assistenza a lungo termine
La signora Hussein ha dipinto un quadro preoccupante riguardo ai probabili esiti della pandemia COVID-19 per la forza lavoro dell’assistenza sociale. Nonostante l’attrazione di nuovi lavoratori verso il settore, dovuta in parte agli alti tassi di disoccupazione, la signora Hussein ha affermato che il mantenimento di queste nuove leve potrebbe essere ostacolato da condizioni di lavoro insoddisfacenti. Nel frattempo, la forza lavoro esistente si è sentita non adeguatamente supportata durante la Covid in termini di sicurezza, formazione e fornitura di dispositivi di protezione individuale. Nel Regno Unito, in particolare, la Brexit, che pone fine alla libertà di circolazione con i Paesi dell’Unione europea, aggiunge ulteriore pressione a una forza lavoro già sotto pressione e fortemente dipendente dai lavoratori immigrati.
Come ha dichiarato la signora Hussein, anche se “la Covid ha messo l’assistenza a lungo termine in generale al centro del dibattito politico”, le riforme politiche necessarie per creare condizioni di lavoro positive sono state ritardate in passato e non sembrano promettenti nemmeno ora. Queste riforme non si tradurrebbero solo in una migliore retribuzione, ma anche in un miglioramento della qualità del lavoro grazie a una maggiore regolamentazione e all’espansione dei servizi formali. Se attuati in modo efficace, questi sviluppi porteranno benefici sia agli utenti che a chi li assiste.
Coltivare risposte congiunte alle crisi in tutti i settori
In tempi di crisi, modalità di lavoro frammentate possono rallentare la fornitura di aiuto alle persone che ne hanno urgentemente bisogno. Abbiamo appreso da Cabona come i servizi sociali locali in Italia abbiano sviluppato strategie congiunte innovative, talvolta con l’uso di tecnologie digitali, per essere in grado di rispondere rapidamente durante l’emergenza sanitaria.
Sono state costruite da zero reti composte da servizi sanitari nazionali, servizi sociali locali e regionali, terzo settore, organizzazioni di volontariato, associazioni sportive o di intrattenimento, negozianti locali e grandi aziende di distribuzione, fornendo ai servizi sociali i dati necessari per identificare le famiglie in difficoltà e distribuire rapidamente le risorse.
Le barriere burocratiche che ostacolano l’ottenimento dei servizi di emergenza sono state temporaneamente sospese, per consentire un’erogazione più efficiente delle cure di emergenza. Durante la pandemia, gli operatori di tutti i settori hanno capito che dovevano guardare al di là dei propri confini professionali per rispondere alle esigenze dei cittadini, anche quando non erano strettamente legate al proprio ambito di lavoro. Questa lezione è la chiave della resilienza per le crisi future, ha spiegato Cabona.
Utilizzare gli strumenti digitali per supportare la forza lavoro
Un effetto collaterale della pandemia è stata l’ulteriore integrazione delle tecnologie digitali nella nostra vita personale e lavorativa. Christiansen ha esplorato le possibilità future dell’intelligenza artificiale di integrare il lavoro degli esseri umani nel settore dei servizi sociali. Ad esempio, algoritmi che potrebbero essere utilizzati nel processo decisionale o robot assistenti.
Tuttavia, la signora Christiansen ha anche sottolineato che queste nuove tecnologie comportano anche problemi etici. Per garantire che gli strumenti siano creati e utilizzati in modo responsabile, gli utenti finali devono essere coinvolti nel processo di progettazione. Senza il loro contributo e quello dei professionisti, esiste un potenziale di sfruttamento dovuto a una programmazione distorta.
Una delle raccomandazioni contenute nella pubblicazione a seguito del gruppo di lavoro sulla digitalizzazione dell’ESN riguardava l’importanza di considerare i pregiudizi per sviluppare una gestione etica dei dati e dei casi, soprattutto quando sono coinvolti i “big data”.
È quindi essenziale che nello sviluppo di queste nuove tecnologie, in particolare quando sono destinate a popolazioni vulnerabili, si utilizzi un linguaggio comune per rendere il processo di progettazione il più inclusivo possibile.